Cofano Portabandiera da Combattimento, R. Incrociatore Eugenio di Savoia, VIIª Divisione Incrociatori, 1935

Cofano Portabandiera da Combattimento, R. Incrociatore Eugenio di Savoia, VIIª Divisione Incrociatori, 1935

Cofano Portabandiera da Combattimento del Regio Incrociatore "Eugenio di Savoia", donato all'Unità Navale da "I Celeri della Divisione Eugenio di Savoia" nel 1935.
Questo Cofano Portabandiera, realizzato in legno di forma ottagonale, fu disegnato da Carlo Someda de Marco e magistralmente scolpito a mano, a tutto tondo, dal maestro scultore friulano N. Ortiga. Due grandi medaglioni in bronzo, eseguiti dal grande incisore e medagliere italiano Pietro Giampaoli, sono incastonati entrambi al centro di una corona d'alloro e incorniciati da finissimi nodi sabaudi.
- Un medaglione è incastonato nella facciata anteriore e raffigura il Principe Eugenio di Savoia a Cavallo (1663-1736), ovvero l'ultimo Capitano di ventura conosciuto anche come Gran Capitano.
- L'altro è incastonato sulla facciata posteriore e riporta la dedica dei "Celeri della 1^ Divisione Eugenio di Savoia".
Su entrambe le fiancate del Cofano, sono scolpiti gli stemmi dei reparti di Cavalleria con relativi motti, i quali costituivano la "1^ Divisione Celere Eugenio di Savoia".
Facciata Lato Sinistro:
- 12 ° Reggimento "Cavalleggeri di Saluzzo" - motto "Quo Fata Vocant".
- 2° Reggimento "Piemonte Cavalleria" - motto "Venustus et Audax".
- 11° Reggimento Bersaglieri - motto "Quis Ultras?".
Facciata Lato Destro:
- 19° Reggimento "Cavalleggeri Guide" - motto "Alla Vittoria e All'Onor son Guida".
- 1° Reggimento Artiglieria Celere "Eugenio di Savoia" - motto "Igne celerrime diruo".
I Cofani Portabandiera infatti dovevano avere imprescindibilmente, come da regolamento, una simbologia storico-grafica con il personaggio cui era dedicato il nome della Nave. Inoltre, le dediche di consegna riportate su questi cofani portabandiera, erano esclusivamente riferibili a reparti militari, associazioni o comuni che anch'essi avessero un riferimento diretto con il personaggio a cui era intitolata la nave. Nel caso specifico infatti, questo Cofano Portabandiera da Combattimento fu donato, con dedica a seguito, da "i Celeri della Divisione Eugenio di Savoia" con Fraterno Cameratismo A. MCMXXXV - XIII E.F. la quale 1ª Divisione Celere, aveva un legame diretto con il Regio Incrociatore in quanto battezzate entrambe con il nome di "Eugenio di Savoia" (1663-1736).
Inoltre, su tutte le colonne con base e capitelli poste ai suoi angoli, è presente lo Stemma di Casa Savoia.
Il coperchio, eseguito a gradini incorniciati , è provvisto di presa per l'alzata.
Il Cofano dispone della serratura funzionante con la sua chiave originale alla quale è applicata la targhetta "Bandiera da Combattimento" ed il nome del Comandante "Capitano di Vascello Massimiliano Vietina", ovvero colui che la ricevette per primo in consegna.
All'interno del Cofano è presente ed ottimamente conservato il completo rivestimento con la sua originale tappezzeria in velluto celeste.
Estremamente Rilevanti le firme degli Autori del Cofano:
Per i 2 Medaglioni in Bronzo:
Pietro Giampaoli (Urbignacco di Buja, 13 Febbraio 1898 – Roma, 27 Febbraio 1998) è stato un incisore e medaglista italiano. Soldato nella prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e deportato in Ungheria. Qui, da un altro prigioniero russo, apprese i primi rudimenti dell'arte incisoria. Rientrando in Italia, nel 1920 intraprese studi d'arte all'Accademia di Brera. Stabilitosi quindi a Roma iniziò l'arte dello scultore e dell'incisore, con talento e capacità, tanto da essere nominato nel 1936 incisore capo presso la Zecca di Stato.
Fu maestro dei suoi fratelli incisori Celestino Giuseppe e Vittorio che lo raggiunsero a Roma prendendo dimora nella Torre dei Capocci. Anche Guerrino Mattia Monassi, capo incisore alla Zecca di Stato dal 1963, fu a bottega con lui a Roma dal 1934. Sono suoi i conii di gran parte delle monete italiane, da solo o con Giuseppe Romagnoli: dalla serie completa del 1946 (1, 2, 5, 10, 50 e 100 lire), alla moneta da 20 lire emessa dal 1956. La sua moneta più apprezzata è stata la moneta d'argento da 500 lire di cui incise il conio del dritto con un busto muliebre in stile rinascimentale.
Per il Progetto Grafico:
Carlo Someda de Marco: Nacque a Mereto di Tomba (Udine) il 14 Novembre 1891 e, come il gemello Pietro, coltivò interessi culturali. Dal 1919 al 1931 si dedicò all’attività artistica, mentre la nomina a direttore dei Civici musei di Udine segnò la fine delle ambizioni artistiche e l’inizio dell’attività di storico dell’arte.
Grazie alle lezioni di disegno e pittura di Pietro Lesina e Giovanni Del Puppo, fu ammesso nel 1913 all’Accademia di Venezia, dove fu allievo di Augusto Sezanne, frequentando nel contempo Ettore Tito, Emanuele Brugnoli e Guglielmo Ciardi. Diplomatosi nel 1919, insegnò fino al 1923 disegno d’ornato a Venezia, dove aprì un laboratorio di decorazione pur mantenendo rapporti con il Friuli. S. esordì in campo artistico nel 1919 a Bologna con dipinti di paesaggio e temi floreali, usando una tecnica di acquerello molto coprente. Influenzato dagli artisti di Ca’ Pesaro, espose all’Opera Bevilacqua La Masa nel 1920, nel 1921 partecipò alle Esposizioni di Napoli, Treviso e Udine.
Dal 1923 al 1927 tenne la cattedra di arte decorativa murale presso l’Istituto di belle arti di Modena, ottenne il trasferimento a Venezia come insegnante d’ornato al liceo artistico, finché nel 1931 vinse il concorso per Direttore del Museo udinese.
Nella sua opera, in cui labile è spesso il confine tra arte e artigianato, le decorazioni per gli ambienti del caffè Contarena (1921-1922), progettato da Raimondo D’Aronco, e quelle per la sala riunioni della Cassa di risparmio di Verona (1926) rappresentano i risultati migliori raggiunti in uno stile déco di orientamento secessionista. S. realizzò disegni per vari settori delle arti applicate, tra cui quelli del ricamo, dei tappeti realizzati a telaio, delle ceramiche. La grafica fu certamente l’ambito in cui operò con maggiore continuità nelle copertine per la rivista «La Panarie» (1926-1935).
Animo profondamente religioso, si cimentò anche nella decorazione della chiesa di Castelnuovo Vicentino (1931) e nella realizzazione di arredi e stoffe liturgiche (1920-1924), spesso in collaborazione con il veneziano Umberto Rosa. Operò con dedizione totale come direttore dei Civici musei di Udine dal 1932 al 1958, riordinandoli completamente e creando tra l’altro il grande archivio fotografico.
Allestì i locali del castello con i criteri del “museo di ambientazione”, dotando il museo di un gabinetto di restauro, affidato dapprima a Tiburzio Donadon e poi a Giuseppe Buzzi. Spesso adoperò le sue capacità artistiche al servizio del comune, come nella decorazione a stucco della sala dell’anagrafe nel palazzo municipale (1951), dove reinterpretò i disegni daronchiani.
Nel 1940 raccolse le opere d’arte del Friuli e dell’Istria nella villa Manin di Passariano, curando nel contempo la difesa antiaerea del patrimonio artistico e culturale.
Numerose furono le mostre da lui organizzate: l’importantissima mostra del Pordenone del 1939, nel 1941 la Mostra triveneta delle arti popolari, la Mostra di sei capolavori d’arte veneta nel 1947, la grande Esposizione regionale del 1948 e nel 1951 la Mostra degli artisti friulani a Klagenfurt. Come scrive Giuseppe Bergamini, «non restrinse mai il campo di ricerca a uno specifico argomento», pubblicò importanti saggi che valorizzarono il patrimonio artistico friulano. Fece parte di numerose istituzioni udinesi e fino alla morte, nel 1975, fu costante animatore della vita culturale friulana.
Per la Scultura:
N. Ortiga, scultore,......(al momento notizie in fase di ricerca).

Regio Incrociatore "Eugenio di Savoia"
L'Eugenio di Savoia fu un incrociatore leggero della Regia Marina italiana, appartenente alla classe Condottieri tipo Duca d'Aosta.
La nave venne così battezzata in onore del condottiero sabaudo del XVII secolo Eugenio di Savoia, principe di Savoia-Carignano, noto come Principe Eugenio che durante la guerra austro-turca fu protagonista a fianco del Re di Polonia Giovanni III Sobieski nella Battaglia di Vienna, nella Battaglia di Mohács a fianco di Carlo V di Lorena e nella battaglia di Zenta, dove al comando dell'esercito imperiale, sconfisse l'esercito ottomano, comandato dal sultano Mustafa II; successivamente il Principe Eugenio si sarebbe distinto nella Guerra di Successione Spagnola e nell'assedio di Torino del 1706 in cui sconfisse le truppe del duca La Feuillade cacciando in pratica i francesi dall'Italia.
L'Eugenio di Savoia venne impostato nel 1933 nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri, varato nel 1935 ed entrò in servizio nel 1936. Partecipò ad azioni nella guerra civile spagnola.
La prima di queste azioni ebbe luogo il 14 Febbraio da parte dell’incrociatore Eugenio di Savoia, comandato dal capitano di vascello Massimiliano Vietina e recante l’insegna dell’ammiraglio Vittorio Tur, Comandante della 7ª Divisione della 2ª Squadra Navale. Salpato alle 04.30 del giorno 13 dalla base di La Maddalena, e procedendo ad alta velocità nonostante le condizioni di mare grosso, L’Eugenio di Savoia si portò davanti a Barcellona e a partire dalle ore 23.00 dell’indomani sparò, in quattro minuti e quarantacinque secondi, nove salve con i cannoni principali da 152 mm da una distanza di 10.000 metri, dirigendo il tiro contro il centro della città che fu visto completamente oscurato dal fumo. Da terra alcuni proiettori illuminarono l’incrociatore e fu risposto al fuoco, con cannoni di piccolo calibro, piazzati all’imboccatura del porto senza conseguire alcun esito.Nel 1938 iniziò con il gemello Duca d'Aosta una circumnavigazione del globo che interruppe alla minaccia dello scoppio della seconda guerra mondiale. La partenza prevista per il 1º settembre 1938 avvenne il 5 Novembre dello stesso anno da Napoli, mentre il ritorno che era previsto per il 25 Luglio 1939 alla fine di Gennaio del 1939 venne anticipato con il richiamo delle navi che rientrarono a La Spezia il 3 Marzo 1939.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale era inquadrato insieme al gemello Duca d'Aosta al Montecuccoli e all'Attendolo nella VIIª Divisione Incrociatori nell'ambito della IIª Squadra di base a La Spezia come nave insegna dell'ammiraglio Luigi Sansonetti ed era dotato di idrovolanti IMAM Ro.43.
Nel corso del conflitto svolse principalmente compiti di scorta a convogli e di deposizione di campi minati. Il 9 luglio 1940 prese parte alla battaglia di Punta Stilo, primo scontro tra la Regia Marina e la Royal Navy.
Insieme al Montecuccoli e cinque cacciatorpediniere il 18 Dicembre 1940 bombardò le postazioni greche sull'isola di Corfù.
Nell'estate del 1942, tra il 12 e il 16 Giugno prese parte alla battaglia di mezzo giugno, innalzando l'insegna dell'ammiraglio Da Zara, riuscendo a mettere fuori combattimento, insieme al Montecuccoli il cacciatorpediniere HMS Bedouin, affondato poco dopo da un aerosilurante S.M.79, e ad incendiare la grossa petroliera Kentucky, che si era fermata dopo essere stata colpita da aerei tedeschi. Nelle stessa estate, due mesi dopo, tra il 10 e il 15 Agosto prese alla battaglia di mezzo agosto.
Mentre si trovava ormeggiato a Napoli il 4 Dicembre 1942, giorno di Santa Barbara, venne colpito durante un bombardamento da un Liberator, riportando danni alla parte posteriore dello scafo riparabili in 40 giorni, mentre tra l'equipaggio si ebbero 17 morti e 46 feriti.
Tornato in servizio, nel Gennaio 1943 l'Eugenio di Savoia abbatté due bombardieri nemici.
All'armistizio dell' 8 Settembre la nave si trovava a La Spezia, da dove, insieme alle altre due unità che in quel momento costituivano la VII Divisione, il Montecuccoli e l'Attilio Regolo, alle corazzate Roma, Vittorio Veneto e Italia della IX Divisione, i cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite della XII Squadriglia, i cacciatorpediniere Legionario, Oriani, Artigliere e Grecale della XIV Squadriglia ed una Squadriglia di torpediniere formata da Pegaso, Orsa, Orione, Ardimentoso e Impetuoso, salpò per congiungersi con il gruppo navale proveniente da Genova, formato dalle unità della VIII Divisione, costituita da Garibaldi, Duca degli Abruzzi e Duca d'Aosta e dalla torpediniera Libra, per poi consegnarsi agli alleati a Malta assieme alle altre unità navali italiane provenienti da Taranto.
Il gruppo, dopo essersi riunito con le unità provenienti da Genova, per ottenere un'omogeneità nelle caratteristiche degli incrociatori, il Duca d'Aosta passò dalla VIII alla VII Divisione, sostituendo l'Attilio Regolo che entrò a far parte della VIII Divisione, con l'Eugenio di Savoia che innalzava l'insegna dell'ammiraglio Romeo Oliva. Durante il trasferimento la Roma, nave ammiraglia dell'ammiraglio Carlo Bergamini, affondò tragicamente nel pomeriggio del 9 settembre al largo dell'Asinara centrata da una bomba Fritz X sganciata da un Dornier Do 217 della tedesca Luftwaffe.
A prendere il comando della flotta diretta a Malta, dopo l'affondamento dalla Roma, fu proprio l'ammiraglio Oliva, che adempì ad una delle clausole armistiziali, quello di innalzare il pennello nero del lutto sui pennoni ed i dischi neri disegnati sulle tolde, mentre l'ammiraglio Bergamini, che avvertito telefonicamente da De Courten dell'armistizio ormai imminente, e delle relative clausole che riguardavano la flotta, era andato su tutte le furie per poi formalmente accettare con riluttanza gli ordini, aveva lasciato gli ormeggi innalzando però il gran pavese e non adempiendo così a tale clausola.
Dopo aver raggiunto Malta l'11 Settembre, la nave venne internata ad Alessandria d'Egitto. Fino all'armistizio aveva effettuato 25 missioni di guerra per 25.000 miglia di navigazione. Il 13 Ottobre con la dichiarazione di guerra del Regno del Sud alla Germania e l'inizio della cobelligeranza la nave dopo il rientrò in Italia, fu dislocata a Suez dove prese parte ad esercitazioni con gli Alleati per l'addestramento dei piloti agli attacchi aeronavali.
Il 29 Febbraio 1944 la nave,in rientro da Suez con a bordo parte degli equipaggi delle corazzate Italia e Vittorio Veneto, venne gravemente danneggiata dopo avere urtato una mina presso Punta Stilo riuscendo però a raggiunse con i propri mezzi Taranto, dove rimase fino alla fine del conflitto.
Note:Nello stesso periodo in cui l'Eugenio di Savoia era in servizio nella Regia Marina, nella Kriegsmarine operava l'incrociatore Prinz Eugen, intitolato allo stesso personaggio, cui in precedenza era stata dedicata nel corso della Prima guerra mondiale nella Imperial-Regia Marina Austro-Ungarica la nave da battaglia della Classe Tegetthoff Prinz Eugen.

1ª Divisione Celere "Eugenio di Savoia" fu una grande unità del Regio Esercito, operante durante l'occupazione italiana dell'Albania e la seconda guerra mondiale. Era una delle tre divisioni celeri, ovvero divisioni ibride inizialmente composte da due reggimenti di cavalleria (ognuno su due gruppi squadroni montati ed uno Squadrone Mitraglieri, sempre montato), da un Reggimento di bersaglieri ciclisti (poi autocarrati), da un reggimento di artiglieria su un gruppo ippotrainato da 75/27 Mod. 1912 e due gruppi motorizzati da 75/27 Mod. 1911, e da un gruppo corazzato su 61 carri del tipo CV33 e L6/40. L'organico al 10 giugno 1940 era di 7310 uomini, con 2154 cavalli, 418 veicoli a motore, 24 trattori di artiglieria, 539 motocicli e 2500 biciclette. Le dotazioni, oltre ai già citati carri leggeri, comprendevano 48 cannoni (16 antiaerei da 20/65, 8 anticarro da 47/32 e 24 pezzi campali da 75/27 Mod. 1912), 249 mitragliatrici pesanti e 172 leggere. Prive di una effettiva capacità operativa nel contesto di una guerra meccanizzata, le divisioni celeri videro un limitatissimo impiego operativo e vennero largamente riutilizzate per la costituzione di unità di altro tipo.
Per le divisioni celeri furono scelti i nomi dei migliori condottieri di Casa Savoia; in particolare questa divisione ebbe il nome di Eugenio di Savoia, generale e comandante supremo dell'esercito imperiale asburgico.
Erede ideale della 1ª Divisione di Cavalleria del Friuli, il 17 aprile 1930 si costituì ad Udine come I Divisione Celere, mentre il I Comando Superiore di Cavalleria, che all'epoca inquadrava il Reggimento "Cavalleggeri di Saluzzo", il Reggimento "Cavalleggeri di Monferrato" ed il Reggimento "Cavalleggeri di Alessandria", riassunse il 15 giugno successivo la vecchia denominazione di I Brigata di Cavalleria e venne inserita nella nuova divisione, che l'anno successivo ricevette anche la componente di artiglieria con il 1º Reggimento artiglieria leggero. Nel gennaio 1933 il Reggimento "Piemonte Cavalleria" (2º) sostituisce il "Cavalleggeri di Monferrato" ed il 1º gennaio 1934 la divisione e la sua brigata assunsero il nome definitivo 1ª Divisione Celere "Eugenio di Savoia" e I Brigata Celere "Eugenio di Savoia"; con lo stesso provvedimento la brigata riceve l'11º Reggimento bersaglieri e dal I Gruppo Carri Leggeri "San Giusto". Il 1º febbraio 1938 vennero soppressi tutti i Comandi di Brigata indivisionati, compreso quindi il Comando I Brigata Celere, cosicché i reggimenti di cavalleria e bersaglieri e il gruppo carri passarono alla dipendenze diretta del Comando di Divisione. Nell'ottobre del 1938 il Reggimento "Cavalleggeri di Alessandria" sostituì il Reggimento "Piemonte Cavalleria".
Prende parte all'occupazione italiana dell'Albania con il XXVII Battaglione dell'11º Reggimento bersaglieri, che il 6 aprile 1939 sbarca a Durazzo.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale l'unità è dislocata in Friuli, esattamente da giugno ad agosto del 1940 a Spilimbergo e poi a Tricesimo, per spostarsi poi nel marzo del 1941 a ridosso del confine jugoslavo (San Daniele del Carso, Tomadio, Rifembergo) in vista dell'invasione di quello Stato. Il 30 dello stesso mese la divisione perde il Comando ed il II e III Gruppo motorizzati del 1º Reggimento artiglieria celere "Principe Eugenio di Savoia", che vengono inviati in Africa settentrionale; la divisione, con in forza quindi solo il I Gruppo artiglieria a cavallo, guadagna però il 3 aprile successivo il 1º Reggimento "Nizza Cavalleria". Il 13 aprile la divisione entra in territorio croato e, toccando Grobnic e Slunj, il 18 sosta nella zona di Dreznk per riorganizzarsi. Proseguendo l'avanzata raggiunge Ogulin, Senj e Gospić. A maggio presidia la zona di Karlovac, dove è impegnata in attività di rastrellamento e controguerriglia. Dal luglio del 1941 la divisione rimane senza la componente di artiglieria quando anche il I Gruppo artiglieria a cavallo viene ceduto per costituire il Reggimento Artiglieria a Cavallo, che verrà assegnato alla 3ª Divisione Celere "Principe Amedeo Duca d'Aosta". Nell'ambito dell'attività antipartigiane, i reparti della "Eugenio di Savoia" sono coinvolti in scontri anche molto violenti come nel maggio del 1942 nelle zona di Prelisce, Netretić, Kupa e Guriaci, lungo la linea ferroviaria Zagabria-Karlovac. Nell'ottobre 1942 la divisione viene trasferita in Dalmazia, assumendo il controllo della zona Sebenico-Vodice. Anche in questa zona dall'inizio del 1943 si verificano aspri combattimenti, come a Corljevo, a Danilo, a Scardona, Bilizze e soprattutto a Zuta Lokva, presidio riconquistato con un'operazione in grande stile il 28 maggio. Nei mesi successivi la divisione non opera come grande unità, ma i suoi reparti vengono aggregati ad altre divisioni del V e XVIII Corpo d'armata, fino all'8 settembre, quando i tedeschi ed i partigiani impediscono alla divisione di concentrarsi a Fiume, come deciso dal Comando. La divisione celere si scioglie così il 13 settembre 1943.

Istituzione Bandiera di Combattimento:
Il Decreto Istitutivo della Bandiera di Combattimento sulle Navi da guerra risale al 1904 quando su proposta dell’allora Ministro della Marina Ammiraglio Carlo Mirabello, S.M. il Re Vittorio Emanuele III emanò il Regio Decreto 7 Ottobre 1904 n. 583 pubblicato sul foglio d’ordine ministeriale della Marina n° 316 dell’11 Novembre 1904.

Il Decreto, nei suoi punti principali prescriveva le caratteristiche e l’uso della Bandiera a bordo delle Navi: Ad ogni Nave da guerra sarà consegnata, durante il primo armamento o nell’epoca da stabilirsi del Ministero all’infuori delle dotazioni normali di bandiere, una Bandiera Nazionale che prende il nome di Bandiera di Combattimento.
La Bandiera di Combattimento dovrà essere di stamigna di ottima qualità o eccezionalmente di stoffa di seta, ma senza alcun fregio speciale e porterà ricamato in bianco sulla tela aderente l’inferitura la scritta “Bandiera di combattimento”.
La Bandiera di Combattimento sarà custodita a bordo in apposito cofano, debitamente istallato nell’alloggio del Comandante e dell’Ammiraglio.
La Bandiera di Combattimento dovrà alzarsi sempre in combattimento e, se le condizioni di tempo e navigazione lo consentono anche nelle grandi solennità. Allorquando una Nave da guerra venga radiata il cofano con la Bandiera di Combattimento e l’atto di consegna verranno depositati e custoditi nei Musei Navali o nelle sale ricordi navali presso i singoli dipartimenti o comandi militari marittimi.
Successivamente con il Decreto Ministeriale del 5 Aprile 1909 e del 15 Dicembre 1912 vennero prescritte le norme circa le dimensioni e la foggia dei cofani delle bandiere e furono apportate delle modifiche alle norme per la concessione della Bandiera di Combattimento.
Il contesto normativo rimase tale fino al 1939, anno in cui entrò in vigore il Regio Decreto del 12 Maggio che di fatto abrogò i due precedenti atti ministeriali.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, a seguito dei mutato ordine istituzionale dello Stato, conseguente al Referendum del 2 Giugno 1946, intervennero ulteriori provvedimento normativi, ovvero il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 25 ottobre 1947 n°1152 ed il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 9 Novembre 1947 n°1305 ove vengono istituti, definendone le caratteristiche, le Bandiere Navali per la Marina Militare e la Marina Mercantile.
Nel 1973, infine, venne emesso un ulteriore provvedimento relativo agli stendardi navali, ovvero il Decreto del Presidente della Repubblica 12 Agosto 1973 n°613 con il quale ne vennero ridefinite le caratteristiche adeguandole alla nuova struttura istituzionale dello Stato (l’uso dello stendardo navale era stato “sospeso” dopo il Referendum del 2 giugno 1946 non essendo stato compreso nei decreti del 1947).
Il Regio decreto col quale, da Racconigi, il 7 Ottobre 1904, Vittorio Emanuele III istituì la Bandiera di combattimento per le navi da guerra della Regia Marina, riportava quanto segue:

«Sentito il Consiglio superiore di Marina;
Sulla proposta del Nostro Ministro della Marina;
abbiamo decretato e decretiamo


Art. 1.
Ad ogni nave da guerra, meno quelle sussidiarie, dalla 3a classe in giù, e quelle di uso locale, sarà consegnata, durante il primo armamento o nell'epoca da stabilirsi dal Ministero, all'infuori della dotazione normale di bandiere, una bandiera nazionale che prende il nome di «Bandiera di combattimento». Questa bandiera, costruita secondo le norme regolamentari, sarà per ogni singola nave del tipo di grandezza immediatamente inferiore alla massima assegnata nell'inventario della medesima.
La bandiera di combattimento dovrà essere di stamigna di ottima qualità o eccezionalmente di stoffa di seta, ma senza alcun fregio speciale e porterà ricamato in bianco sulla tela aderente alla inferitura la scritta «Bandiera di combattimento».
La bandiera di combattimento sarà custodita a bordo in apposito cofano o Cassetta, debitamente installata nell'alloggio del comandante o dell'ammiraglio.
Art. 2.
Alla consegna della bandiera di combattimento, fatta al comandante di ogni Singola nave, presiederà in massima il comandante in capo del dipartimento o della forza navale cui la nave è aggregata.
In caso che la nave sia isolata, fuori della sede dipartimentale, alla funzione della consegna presiederà lo stesso comandante della nave.
Dell'avvenuta consegna si compilerà apposito verbale, che verrà custodito insieme alla bandiera stessa.
Art. 3.
La consegna della bandiera di combattimento al comandante della nave verrà fatta in presenza dello stato maggiore e dell'equipaggio riunito, e se la nave fa parte di una forza navale o trova si nella sede di un dipartimento o di un comando militare marittimo, con l'intervento altresì di una rappresentanza degli stati maggiori e degli equipaggi delle altre navi presenti.
Consegnata la bandiera di combattimento al comandante della nave, essa verrà alzata a segno e salutata da una salva di 21 tiri sulle navi che possono eseguire salve e da una scarica di fucileria sulle altre navi. Essa verrà mantenuta alzata fino al tramonto nel giorno in cui avrà avuto luogo la consegna.
Art. 4.
La bandiera di combattimento dovrà alzarsi sempre in combattimento e: se le condizioni di tempo e di navigazione lo consigliano anche nelle grandi solennità (festa dello Statuto e genetliaco di S.M. il Re) ed allorquando è presente a bordo S.M. il Re.
Art. 5.
La bandiera nazionale offerta ad una nave da guerra dalle LL. MM. il Re e la Regina o da qualsiasi membro della Famiglia Reale è sempre considerata come bandiera di combattimento.
Art. 6.
Le rappresentanze ufficiali della città o della regione di cui una nave porta il nome o comitati di signore o di cittadini potranno, previo il consenso del Ministero della Marina, offrire alla nave medesima la bandiera di combattimento.
Art. 7.
Allorquando una nave da guerra venga radiata, il cofano con la bandiera di combattimento e l'atto di consegna verranno depositati e custoditi nei musei navali o nelle sale di ricordi navali esistenti o da istituirsi presso i singoli dipartimenti o comandi militari marittimi.
Art. 8.
Quando il nome di una nave già radiata sia assegnato ad altra nave, a questa sarà, in seguito ad ordini ministeriali, consegnata, con le stesse formalità prescritte dal presente decreto, la bandiera di combattimento che appartenne alla nave o alle navi che portarono in passato lo stesso nome».
Nel 1912, con un ulteriore decreto - il n. 1344 del 15 Dicembre - fu poi istituita la "Bandiera di combattimento" anche per le navi sussidiarie iscritte nei quadri del regio naviglio, per quelle da battaglia di classe inferiore alla 6a e, infine, per le unità siluranti. Il successivo decreto n. 708, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 120 del 23 Maggio 1939, che regolava la concessione delle bandiere della Regia Marina, della Regia Accademia navale e del Battaglione San Marco si fissavano, altresì, le norme aggiornate per la concessione, confezionamento, custodia e impiego delle Bandiere di combattimento e degli Stendardi delle Unità navali della Marina. Di seguito un estratto del decreto
«VITTORIO EMANUELE III
Per grazia di Dio e volontà della Nazione
RE D'ITALIA E DI ALBANIA
IMPERATORE D'ETIOPIA
Visto il R. decreto 11 Aprile 1848, sull'uso della Bandiera nazionale da parte della Marina da guerra;
Visto il R. decreto 7 Ottobre 1904, n. 583, che istituisce la Bandiera di combattimento per le navi da guerra, modificato dal R. decreto 15 Dicembre 1912, n. 1344;
Visto il R. decreto in data 26 Novembre 1911, che concede al Corpo delle Forze da Sbarco della Regia marina l'uso della Bandiera nazionale;
Vista la legge 24 Dicembre 1925, n. 2264, concernente le norme per l'uso della Bandiera nazionale;
Udito il parere del Consiglio Superiore di Marina;
Sulla proposta del Duce del Fascismo, Capo del Governo,
Ministro per la Marina;
Abbiamo decretato e decretiamo:
…Omissis…
Art. 3.
Ad ogni nave da guerra, escluse le unità ausiliarie e quelle di uso locale, e ad ogni squadriglia di M.A.S., all'infuori della, dotazione normale di bandiere, sono consegnati secondo le norme di cui agli articoli seguenti: una Bandiera nazionale che prende il nome di «Bandiera di combattimento» e uno «Stendardo».
La Bandiera di combattimento, come bandiera nazionale inalberata a bordo di una Regia nave, è emblema di onore che simboleggia il RE e la, Patria, ricorda al militare i fasti della Nazione e lo stimola ad accrescerli.
Lo Stendardo rappresenta la nave o la squadriglia nel suo complesso di uomini e di armi, nelle sue tradizioni militari, e il suo spirito guerriero.
Le decorazioni conferite all'unità sono portate dallo Stendardo secondo norme regolamentari.
Art. 4.
La Bandiera di combattimento deve alzarsi sempre in combattimento e se le condizioni di tempo e di navigazione lo consigliano allorquando è presente a bordo Sua Maestà il RE e nelle grandi solennità.
Lo Stendardo, in combattimento, è posto su apposito sostegno nell'interno della torre, del ponte o della camera di comando.
Esso è usato nelle seguenti circostanze:
- nelle cerimonie militari a terra, in Patria e all'estero;
- nelle cerimonie militari a bordo;
- nelle funzioni del passaggio di Comando.
Art. 5.
La Bandiera di combattimento confezionata secondo le norme regolamentari è per ogni singola nave o squadriglia di M.A.S, del tipo di grandezza immediatamente inferiore alla massima assegnata alla nave medesima ed è offerta da Enti, Associazioni nazionali o da privati previa autorizzazione del Ministero della marina.
Essa deve essere di stamigna di ottima qualità o eccezionalmente di stoffa di seta, ma senza alcun fregio speciale e deve portare ricamato in bianco sulla tela aderente alla inferitura la scritta «Bandiera di combattimento».
Art.6.
La Bandiera nazionale offerta ad una nave di guerra o ad una squadriglia dalle Loro Maestà il RE e la Regina o da altro membro della Famiglia Reale, è sempre considerata come Bandiera di combattimento.
Art. 7.
La Bandiera di combattimento è consegnata al comandante dell'unità alla data stabilita dal Ministero della Marina con cerimonia solenne secondo le disposizioni del regolamento su le bandiere, le insegne, gli onori e le visite.
Dell'avvenuta consegna si compila apposito verbale che è custodito insieme alla Bandiera.
Art. 8.
La Bandiera di combattimento è custodita a bordo in apposito «cofano» od astuccio.
Art. 9.
Lo Stendardo di cui all'art. 3 del presente decreto è costituito da: unafreccia, un drappo, una fiamma, un nastro azzurro ed un cordone.
La freccia è la parte moralmente più importante dello Stendardo. Essa è di bronzo ed è formata da una parte cilindrica ornata dal fascio littorio e da due aquile sabaude, sormontata da una galletta sferica con sovrapposta la Corona Reale.
La Corona, la galletta e gli ornamenti sono dorati. Sulla parte cilindrica della freccia è incisa la scritta che riporta le decorazioni concesse alla, nave, i fatti d'arme e le date relative.
Il drappo, in seta con frangia dorata, è di forma quadrata e porta nel recto la bandiera nazionale e nel verso la bandiera di bompresso. Sopra al drappo è inferita una fiamma tricolore di seta.
L'asta, in metallo brunito, composta di due pezzi che si congiungono con ghiera a vite e porta inferiormente un puntale in bronzo.
Il nastro azzurro con frangia dorata, sul quale è ricamato in oro il nome dell'unità e il cordone dorato con fiocchi sono annodati all'asta superiormente al drappo.
Lo Stendardo è di due grandezze regolamentari la prima per le navi corazzate e per gli incrociatori, la seconda per il naviglio sottile e per i sommergibili.
Lo. forma e le dimensioni regolamentari si rilevano dalla tavola allegata.
Art.10.
Lo Stendardo è fornito dal Ministero della Marina. Esso è consegnato al comandante dell'unità quando questa entra a far parte effettiva delle Forze navali.
La consegna avviene in forma solenne ed è effettuata dall'autorità, indicata volta per volta dal Ministero.
Art. 11.
Lo Stendardo è conservato in apposita custodia accanto al cofano della Bandiera di combattimento.
Art. 12.
Alle riparazioni del drappo, della fiamma, dell'asta, del nastro azzurro e del cordone dello Stendardo provvede il comandante della nave o della squadriglia di M.A.S. Ove invece sia necessario rinnovare il drappo deve rinnovarsi l'intero Stendardo meno la freccia.
Tale l'innovazione è disposta dal Ministero della marina direttamente o su proposta del comandante dell'unità.
Art. 13.
Allorquando una nave da guerra è radiata dal quadro del Regio naviglio, il «cofano» con la Bandiera di combattimento e l'atto di consegna sono depositati nel Museo della Regia Marina designato dal Ministero e lo Stendardo con le relative decorazioni viene inviato al Ministero della Marina per essere trasferito al Sacrario del Vittoriano.
Art. 14.
Quando il nome di una nave già radiata sia assegnato ad altra nave, a questa sono, in seguito ad ordini ministeriali, consegnati con le stesse formalità prescritte dal presente decreto il cofano della Bandiera ,di Combattimento e lo Stendardo che appartennero alla nave o aI1e navi che portarono in passato lo stesso nome.
Il drappo della antica Bandiera di combattimento con l'atto di consegna, resta invece nel Museo navale, mentre per la Bandiera di combattimento della nuova nave valgono le norme del precedente art. 5.
Art. 15.
Il Presente decreto abroga i Regi decreti 7 Ottobre 1904 n. 583, e 15 Dicembre 1912, n. 1344, ed avrà vigore dal 24 Maggio 1939-XVII.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 12 Maggio 1939-XVII

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